Il pozzo e il pendolo
Il pozzo e il pendolo (The Pit and the Pendulum) è un racconto breve scritto da Edgar Allan Poe e pubblicato per la prima volta nel 1842.
La storia ha un notevole effetto nell’ispirare paura nel lettore, a causa della particolare attenzione dedicata alle percezioni sensoriali, come il suono, che ne enfatizzano il realismo. Ciò rappresenta un elemento di discontinuità con le altre storie di Poe, che spesso fanno uso di elementi soprannaturali.
La storia narra delle torture subite da un prigioniero dell’Inquisizione spagnola. Il narratore della storia è ritenuto responsabile di crimini non specificati e rinchiuso in una cella completamente buia e scivolosa. Nel tentativo di determinare le dimensioni della stanza e data la profonda quanto opprimente oscurità della stessa inciampa e cade riconoscendo di essere scampato ad una fine terribile, ovvero la caduta all’interno di un pozzo, collocato al centro della cella, dalla profondità sconosciuta.
Al suo risveglio riceve del cibo drogato, perdendo conoscenza. Si risveglia sdraiato su un basso telaio di legno, legato completamente dai piedi fino alla testa, circondato dai topi e fornito di poca carne speziata, per sfamarsi e acuire la sua sete. Dopo molto tempo si rende conto che una grande lama tagliente a forma di pendolo è sospesa sopra di lui: il suo movimento sempre più rapido e inesorabile è tale da fargli presagire che presto sarà prossima a tagliargli il petto.
Anche questa volta riesce a liberarsi, intingendo i legami che lo bloccano con della carne; i topi affamati rosicchiano le corde che si spezzano un attimo prima che il pendolo gli trapassi il cuore; purtroppo si ferisce comunque. I muri della prigione divengono però incandescenti e cominciano a muoversi e a schiacciarsi intorno al pozzo centrale per farcelo precipitare. Tuttavia la storia finisce con la salvezza del protagonista da parte dei francesi: il generale Lasalle, infatti, riesce a prendere il prigioniero un attimo prima che quest’ultimo cada nel pozzo.
Note biografiche tratte e riassunte da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Il_pozzo_e_il_pendolo_(racconto)
Dall’incipit del libro:
Ero affranto, stremato di angoscia mortale per quella lunga agonia; e quando finalmente mi sciolsero e potei sedermi, sentii che perdevo i sensi. La sentenza – la terribile sentenza di morte – fu l’ultimo degli accenti distinti che mi giunse alle orecchie. Dopo, il suono delle voci degli inquisitori parve perdersi in un ronzio indefinito di sogno. Quel suono destava in me l’idea di una rotazione, probabilmente perché nell’immaginazione si associava al ritmo di una macina da mulino. Ma tutto questo non durò che poco; ben presto non udii più. Tuttavia per qualche tempo ancora, vidi, ma con quale terribile esagerazione!… Vidi le labbra dei giudici vestiti di nero. Mi parevano bianche, più bianche del foglio sul quale ora traccio queste parole; e sottili, sottili sino al grottesco, sottili per l’intensità della loro espressione di durezza, di risoluzione irrevocabile, di severo disprezzo del dolore umano. E vidi uscir da quelle labbra i decreti di quel che per me rappresentava il destino. Le vidi torcersi in una allocuzione mortale. Le vidi formare le sillabe del mio nome, e rabbrividii non udendo il suono seguire il movimento. Vidi anche, per alcuni deliranti attimi d’orrore, la molle e quasi impercettibile ondulazione dei drappi neri che ricoprivano le mura della sala. Allora i miei occhi caddero sui sette grandi candelabri posati sulla tavola.