Lydia 

 

La storia di una ricca aristocratica milanese, in bilico tra l’osservanza delle ipocrite tradizioni sociali del tempo e la legittima rivendicazione di una esistenza basata su autentici sentimenti. Questa smania di digressione, la allontana dal matrimonio, ma non dalla ricerca dell’amore a cui la giovane protagonista aspira con tutte le sue forze.

Secondo romanzo della trilogia che comprende Teresa (1886) e L’indomani (1889).

Dall’incipit del libro:

La piazza si riempiva di curiosi, e principalmente di curiose, per le quali la prospettiva di vedere una sposa appartenente all’alta società era una grande attrattiva. Chi la conosceva personalmente, chi l’aveva intravista, chi ne aveva solo inteso parlare.
La famiglia era notissima. I vecchi si ricordavano di aver conosciuto Giovanni Colombo, commesso in un negozio di telerie; poi il figlio Giuseppe Colombo a capo d’una grande casa di commercio; finché un bel giorno Giuseppe Colombo, diventato il signor Colombo, abbandonò i negozi e si diede a fare la vita in grande. Commercio, attività, furberia, fortunate combinazioni, un po’ di tutto questo aveva concorso nella formazione della sua rapida fortuna, che da qualche anno era diventata colossale al punto da attribuirle origini più misteriose.
In queste difficili evoluzioni il signor Colombo, dotato di un senso pratico e di una finezza a tutta prova, aveva saputo ormeggiare così bene, da non offendere alcuna suscettibilità. Buon ragazzo coi signori ai quali sembrava chiedesse scusa dell’intromissione fra loro, largheggiava coi poveri; la sua borsa accortamente offerta, gli procurava amicizie ed appoggi anche nei più alti strati sociali. Divenne una potenza, e molti discendenti dei crociati trattavano con lui da pari a pari, accettando quella tracotante aristocrazia del denaro, con una indulgenza serena che mascherava l’umiliazione dei vinti. D’improvviso sempre con quelle mosse rapide che sviavano le induzioni, il signor Colombo fu creato conte.