La Certosa di Parma
L’ultimo romanzo di Stendhal fu scritto in 52 giorni, tra il 4 novembre ed il 26 dicembre del 1838. Dopo le opere ambientate nella Francia contemporanea (Armance, Il Rosso e il Nero), l’autore sceglie l’Italia, dove con una narrazione disincantata e ironica denuncia il vuoto di valori che seguì la disfatta napoleonica. Traduzione di Ferdinando Martini.
Dall’incipit del libro:
Il 15 maggio 1796 il general Bonaparte entrò a Milano alla testa del giovine esercito che aveva varcato il ponte di Lodi e mostrato al mondo come dopo tanti secoli Cesare e Alessandro avessero un successore. I miracoli d’ardimento e d’ingegno che l’Italia vide compiersi in pochi mesi risvegliarono un popolo addormentato: otto giorni avanti che i Francesi giungessero, i Milanesi li credevano un’accozzaglia di briganti usi a scappar di fronte alle truppe di Sua Maestà Imperiale e Reale, che questo diceva e ripeteva tre volte la settimana un giornalucolo grande come il palmo della mano e stampato su una sudicia carta. Nel Medioevo i Milanesi furon prodi quanto i Francesi della rivoluzione e meritarono di veder la loro città rasa al suolo dagli imperatori tedeschi. Da quando divennero «sudditi fedeli», loro cura suprema era lo stampar sonetti su pezzoline di taffetas rosa per celebrar le nozze di qualche fanciulla nobile o ricca. La quale fanciulla, due o tre anni dopo quel gran giorno della sua vita, si prendeva un cavalier servente: qualche volta il nome del cicisbeo, scelto dalla famiglia del marito, era perfino onorevolmente registrato nel contratto di matrimonio. Che differenza tra questi costumi effeminati e le commozioni profonde suscitate dal giungere impreveduto dell’esercito francese! Costumi nuovi non tardarono a sorgere, passioni nuove a manifestarsi; e tutto un popolo, il 15 maggio 1796, si accorse che quanto aveva fino allora circondato del suo rispetto era sovranamente ridicolo, odioso talora.