L’anarchia
L’autore tenta una sintesi della concezione anarchica, senza però imprigionarla in un sistema. A questo scopo distingue l’anarchia dall’anarchismo. La prima è il fine, ha un valore meta-storico ed universale: rappresenta il voler essere, e come tale non è deducibile da alcuna situazione storica.
Contiene anche: “Il nostro programma”, dello stesso A.
Dall’incipit del libro:
Anarchia è parola che viene dal greco, e significa propriamente senza governo: stato di un popolo che si regge senza autorità costituite, senza governo.
Prima che tale organamento incominciasse ad essere considerato come possibile e desiderabile da tutta una categoria di pensatori, e fosse preso a scopo da un partito, che è ormai diventato uno dei più importanti fattori delle moderne lotte sociali, la parola anarchia era presa universalmente nel senso di disordine, confusione; ed è ancor oggi adoperata in tal senso dalle masse ignare e dagli avversari interessati a svisare la verità.
Noi non entreremo in disquisizioni filologiche, poiché la questione non è filologica, ma storica. Il senso volgare della parola non misconosce il suo significato vero ed etimologico; ma è un derivato di quel senso, dovuto al pregiudizio che il governo fosse organo necessario della vita sociale, e che per conseguenza una società senza governo dovesse essere in preda al disordine, ed oscillare tra la prepotenza sfrenata degli uni e la vendetta cieca degli altri.
L’esistenza di questo pregiudizio e la sua influenza nel senso che il pubblico ha dato alla parola anarchia, si spiega facilmente.
L’uomo, come tutti gli esseri viventi, si adatta e si abitua alla condizione in cui vive, e trasmette per eredità le abitudini acquisite.