Il duca di Montvillier, francese di nobile discendenza, e il suo amico George Hankey, divengono ricchi scoprendo una miniera d’argento a Los Madeges in Texas. Si trasferiscono in Kymott Crescent a Brockley, sobborgo di Londra, creando trambusto tra i vicini di casa, le donne, ex nemici e amici; si trovano costretti a fronteggiare imboscate, complotti e per farlo devono fondare perfino un giornale.
Il duca fa la corte ad Alicia Terrill, vicina di casa, e parente di Sir Harry Tanner che ha già ragioni di risentimento nei confronti del duca. Il figlio di Sir Harry prova ad intervenire, ma ogni tentativo di agire per screditare e colpire il duca si ritorce contro i Tanner come un boomerang.
Più commedia stile Wodehouse che criminal story tipica di Wallace è ricca di spunti divertenti, descrizioni e dialoghi ricchi di ironia e delicato umorismo che permettono di sorvolare sulla superficialità della vicenda. Alla base di questo umorismo è posta la contraddizione nel comportamento del duca sempre in bilico tra i modi del nobile francese e quelli del cow boy texano concentrati questi ultimi soprattutto nella necessità di contrastare l’odio di Bill Slewer, che dopo cinque anni di prigione, per i quali ritiene responsabile il duca, non vede l’ora di vendicarsi.
Ristampato anche col titolo Il duca nei sobborghi e Il duca di Brockley.
Traduzione italiana di Maria Carlesimo Pasquali, nota e attiva traduttrice soprattutto di testi di London, al centro, e vittima, di un clamoroso e insoluto caso di cronaca nera milanese accaduto tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
L’Autore che è semplice ideatore di storie, può facilmente impressionare il lettore con la vastità e varietà delle sue conoscenze. Egli può infatti collocare la scena del suo racconto a Milano, alla corte dei Visconti, e far risalire l’azione a mezzo secolo addietro, mettendo in scena splendide figure avvolte in sete lucenti e rasi oscuri e morbidi; ponendo in bocca ai personaggi le gravi imprecazioni: «Per Bacco!» e «Sapristi!» Egli può, se la fantasia lo seduce, presentare un monsignore sotto la veste del malvagio, scegliere ad eroe un conte fiorentino, e a protagonista un languente fiore della Rinascenza, in corpetto di velluto viola dallo scollo quadrato, che mostra il niveo candore delle spalle.
Riesce più difficile scrivere per lo scrittore che non crea, ma che rievoca memorie o cita fatti pei quali deve attenersi fedelmente al vero.
Quando i nostri personaggi portano i convenzionali pantaloni all’ultima moda, e vanno a rovistare nella Mitologia, non possono invocare a testimonianza dei loro giuramenti, nè invocare nelle imprecazioni, un Dio più grande del Sommo Giove.
Ora, considerate la sfavorevole circostanza di dover porre la scena a Brockley S. E. un rispettabile sobborgo di Londra, e lo scoraggiamento dello scrittore che con un materiale tanto arido vorrebbe tessere un romanzo. Sembrerebbe davvero disperato, estrarre da Kymott Crescent le esatte proporzioni di tragedia e commedia, occorrenti per la composizione del romanzo, non fosse per l’intervento del Duca, di Hank, suo amico, del signor Roderico Nape, di Big Bill Slewer of Four Wais, Tescas, e infine, benchè non meno importante, della signorina Alicia Terrill di «The Jerns», 66 Kymott Crescent.