I miei premi
Supremamente ottuso è per Bernhard il mondo dei premi letterari, di cui traccia un ritratto insieme crudele e divertentissimo, senza risparmiare frecciate a nessuno, neanche a se stesso: "Tutto era repellente, ma più repellente di tutto trovavo me stesso" dice a proposito del premio Franz Theodor Csokor. Al grottesco balletto prendono parte stolidi largitori e beneficati vanesi; ministre che russano durante i panegirici per poi risvegliarsi di botto sbraitando imperiose: "Ma dove si è cacciato il nostro scrittorello?"; conferitori di attestati e di prebende che, scambiando il sesso dei poeti laureandi, parlano con disinvoltura della "signora Bernhard"; politici opportunisti e di abissale ignoranza preoccupati solo di fare passerella; giurie letterarie insipienti ma ben liete di trasferirsi, spesate di tutto, nei migliori alberghi e ristoranti; finanziatori che con un esborso spudoratamente basso si assicurano pubblicità a buon mercato e una fama di generosi mecenati; e grossolani esponenti dell'industria che presentandolo parlano diffusamente dello "straniero nato in Olanda", il quale però "già da qualche tempo vive tra noi", e al quale attribuiscono senza fare una piega un fantomatico romanzo ambientato in un'isola del Sud. "Se qualcuno offre del denaro vuol dire che ne ha ed è giusto alleggerirlo" pensa tuttavia Bernhard, e non nega affatto di averlo speso volentieri, soprattutto se gli ha dato l'occasione per comprarsi finalmente una Triumph Herald.
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